Arcangelo Galante
- 08/01/2018 07:05:00
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Sono davvero espliciti, intensi ed altrettanto veritieri, i ricordi dell’autore, poeticamente ben scritti, per ricordare una figura a lui tanto cara. Non sempre abbiamo la possibilità di conoscere i nostri nonni, ma, la loro figura, rimanda a tutta la saggezza, racchiusa in uno spaccato di vita vissuta, ad altri tempi, in cui le “agevolazioni” della moderna tecnologia non erano presenti e tutto si svolgeva col duro lavoro manuale. Un bello spaccato di vita agreste, già ben descritto nella prima strofa, con quelle carezze date da una mano, divenuta orma ruvida per il duro lavoro di zappatura della terra. Sono gesti che, però, rimangono nel cuore, così come tutte le altre piccole azioni quotidiane, il pane raffermo con le noci, l’odore del tabacco, la galline da accudire, ma, soprattutto, l’inclemenza del tempo e le sue stagioni, con cui dover fare, spesso, i conti. Si, perché il lavoro era durissimo, e, certo, bastava un attimo per veder svanire tutte le fatiche, a causa di una gelata o, peggio ancora, di una stagione arida, perché tutto andasse in fumo. Da qui la stanchezza, comprensibile, per un’attività che, nel tempo, tutto aveva logorato… Per fortuna che, ogni tanto, qualche foglia di tabacco accartocciata, permetteva di farsi concedere una giusta e meritata pausa, con qualche sospiro: “benedetta brina!”. Poesia che ho molto gradito, gentile Salvatore. Un caro saluto.
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